Enrico Berlinguer pacifista convinto

(Sassari, 25 maggio 1922 – Padova, 11 giugno 1984)

Mai “Io”, sempre “Noi”

Enrico Berlinguer, (Foto Corriere della Sera)
Roberto Benigni prende in braccio Enrico Berlinguer, 1983 (Foto Corriere della Sera)

A 100 anni dalla nascita, un doveroso ricordo di Enrico Berlinguer, Segretario del Partito Comunista Italiano dal 1972 sino alla sua morte nel 1984. Uomo siero e pacato mai supponente, sempre attento e rispettoso dell’”altro”.

Alla sua morte come anche a distanza di tanti anni da quel comizio nel lontano 1984 a Padova, i giudizi sono concordi nel riconoscere la sua costante e sincera correttezza politica e morale. Questa sua rettitudine è ancora oggi un faro per molti giovani e non solo giovani che vogliono avvicinarsi alla politica e cercano un “mito”, un nume ispiratore.

Il Presidente Sergio Mattarella a Sassari per i 100 anni della nascita di Enrico Berlinguer(ANSA / F. Ammendola – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

Un «protagonista della vita del Paese che ha dimostrato un profondo rispetto per la Costituzione e le sue regole e un’attenzione morale costantemente espressa e sollecitata. Due aspetti inscindibili tra loro che rappresentano un messaggio sempre attuale per la nostra Repubblica.» (Mattarella – Rai News – 25 maggio 2022)

Nei discorsi era solito pronunciare il “noi” piuttosto che l’”io” a significare e sottolineare che alla personalizzazione della politica privilegiava il senso di appartenenza alla comunità della quale lui era semplicemente il rappresentante. Per lui il bene del paese era superiore a quello del partito e quel “noi” da lui pronunciato finiva così per rappresentare non solo la sua comunità ma accomunava e rappresentava tutti, indipendentemente dalla collocazione politica

 L’”uomo Enrico” merita tutta la nostra attenzione, non in contrapposizione al Berlinguer “politico” ma semplicemente un passo prima. Certo, e non potrebbe essere altrimenti, le differenze delle scelte politiche erano evidenti e nessuno, men che meno lui, ha cercato di nascondere o strumentalizzare. Anche oggi, tempi difficili segnati dalla guerra in Ucraina e dalle profonde e rischiose incertezze che ci accompagnano, alcune parole come “giustizia”, “uguaglianza”, “pace” pronunciate da lui non avevano nulla di retorico, erano sempre un richiamo sentito e sincero.

 

A dimostrazione di ciò ci piace ricordare il fraterno e sincero rapporto con i francescani di Assisi e il comune e condiviso lavoro per la pace

Il segretario del PCI nel 1983 ad Assisi (Archivio RCS) (Foto Corriere della Sera)

In tempi non sospetti Berlinguer denunciò con grande anticipo la “questione morale” senza nascondere / negare le ombre che si proiettavano anche sull’area politica che lui rappresentava. Tra i tanti interventi pubblici è opportuno ricordare l’intervista del luglio 1981 concessa al direttore Eugenio Scalfari de “La Repubblica” nella quale denunciava l’occupazione dello Stato da parte dei partiti.

«I partiti non fanno più politica» «… i partiti hanno degenerato e questa è l’origine dei malanni d’Italia.» (…) «I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune. La loro stessa struttura organizzativa si è ormai conformata su questo modello, e non sono più organizzatori del popolo, formazioni che ne promuovono la maturazione civile e l’iniziativa: sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un “boss” e dei “sotto-boss”.»

 

Berlinguer aveva ben presenti i vincoli internazionali. La coerenza, l’onestà, la rettitudine si rispecchiano nella scelta di accettare la collocazione dell’Italia nella Nato e nella caparbietà di percorrere strade autonome nell’applicazione dei principi fondamentali del Partito Comunista Italiano; “Italiano”, a sottolineare l’identificazione di un percorso autonomo, calato nella realtà italiana e poi occidentale come lo testimonia in varie occasioni l’emarginazione del segretario del più grande partito comunista dell’occidente (possiamo orgogliosamente dire “salvifica emarginazione”!). Merita di essere menzionato il suo intervento al congresso del PCUS (Partito Comunista dell’Unione Sovietica) del 1976, quando disse tra l’altro «(…) Noi respingiamo il concetto che possa esservi un modello di società socialista unico e valido per tutte le situazioni. (…)» «… spinta propulsiva che si è manifestata per lunghi periodi (…)  Oggi siamo giunti a un punto in cui quella fase si chiude.» È la certificazione dello «strappo».

 

E come commentare lo «strano incidente» in Bulgaria nel 1973; un camion militare non si ferma al semaforo, presumibilmente voleva sbarrare la strada dell’auto e soprattutto sbarrare la strada di Berlinguer. Né usci con lievi ferite; si può immaginare che il destino non volesse che la sua voce si spegnesse.

Il golpe in Cile (1973) e la morte del presidente socialista Salvador Allende gli suggeriscono un “aggiustamento” della linea politica.

La preoccupazione che lo scontro di forze mondialmente contrapposte potesse impedire l’autonomia dei percorsi nazionali e quella di non smarrire la via italiana nella sfera europea lo portano a confrontarsi con l’antagonista politico, Aldo Moro e alla Democrazia Cristiana: storica la stretta di mano tra Moro e Berlinguer scattata il 28 giugno 1977.

Enrico Berlinguer con Aldo Moro nel 1977 (Foto Corriere della Sera)

Come la democrazia vuole, si erano dati appuntamento in Parlamento per dare avvio a quel percorso noto come “compromesso storico”. Però qualcuno lo impedì, qualcuno sbarrò la strada alla macchina che portava Moro in Parlamento, questa volta senza mancare l’obiettivo, obbligando l’Italia a seguire un altro percorso.

Berlinguer e il partito proseguirono con coerenza il loro percorso politico in difesa della democrazia anche durante la notte buia della politica italiana segnata dal terrorismo. Instancabile, fino all’ultimo quando lo colse la “morte sul campo”, su quel palco di Padova dove lui cadde da eroe politico e civile.

Immagini indelebili presenti nella mente di tutti gli italiani e sigillate dal suo rientro a Roma, dalla folla immensa e dall’emozione profonda dell’allora “Presidente Partigiano” Sandro Pertini che lo volle accompagnare, come fosse un figlio, a casa per il suo ultimo viaggio

Sandro Pertini - allora Presidente della Repubblica Italiana - rende omaggio a Enrico Berlinguer (Foto Corriere della Sera)

Ricordare chi non c’è più genera sempre un senso di tristezza, di smarrimento; ma ricordare Enrico Berlinguer questi stessi sentimenti rigenerano la speranza che quando la correttezza, l’onestà, la rettitudine illuminano la via da percorrere per raggiungere l’obiettivo anche il più rischioso (e lui ha rischiato), anche il più difficile (e lui non si risparmiato), anche il più impensabile (ma lui aveva fantasia) possa essere raggiunto o quanto meno non smarrito nei meandri degli eventi.

Una ampia documentazione è reperibile su Rai Play.

E per finire, a testimonianza del grande affetto, due canzoni a lui dedicate

Franco RACCO

Enrico Berlinguer, pacifiste convaincu (Sassari, 25/05/1922 – Padoue, 11/06/1984). Jamais « moi », toujours « nous »

A 100 ans de sa naissance, il convient de rappeler la mémoire d’Enrico Berlinguer, secrétaire du Parti communiste italien de 1972 à sa mort en 1984. Un homme calme et sérieux, jamais suffisant, toujours attentif et respectueux de l’autre.

Tous s’accordent, à sa mort, comme tant d’années après ce meeting du lointain 1984 à Padoue, à reconnaître sa constante et sincère correction politique et morale. Sa rectitude est encore aujourd’hui un exemple pour beaucoup de jeunes – et pas seulement – qui veulent s’approcher de la politique et cherchent un mythe, un dieu tutélaire qui les inspire.

Le Président Sergio Mattarella à Sassari pour les 100 ans de la naissance d’Enrico Berlinguer : « [Un] acteur de la vie du pays qui a démontré un profond respect pour la Constitution et ses règles, et une attention morale toujours exprimée et sollicitée. Deux aspects inséparables qui représentent un message toujours actuel pour notre République » (Rai News – 25 mai 2022)

Dans ses discours, il avait l’habitude de dire « nous » et non pas « je », pour signifier et souligner qu’il privilégiait, plutôt que la personnalisation de la politique, le sens de l’appartenance à la communauté dont il était simplement le représentant. Pour lui, le bien du pays était supérieur à celui de son parti et ce « nous » qu’il prononçait finissait par représenter non seulement sa propre communauté, mais tous, les rapprochant et les représentant indépendamment de leur position politique.

L’homme Enrico mérite toute notre attention, non pas en opposition au Berlinguer « politique », mais comme étant situé simplement un pas devant lui. Certes, et il ne pourrait pas en être autrement, la différence entre les choix politiques était évidente et personne, lui moins que les autres, n’a cherché à les cacher ou à les instrumentaliser. Aujourd’hui encore, à notre époque difficile, marquée par la guerre en Ukraine et par les incertitudes profondes et dangereuses qui nous accompagnent, certains mots, comme « justice », égalité », « paix », lorsqu’ils sont prononcés par lui, n’ont rien de rhétorique et sont toujours un rappel chaleureux et sincère.

Le démontre le souvenir de son rapport fraternel et sincère avec les Franciscains d’Assise et son travail en commun et partagé avec eux pour la paix.

A une époque où on n’avait guère de soupçons, Berlinguer dénonça avec beaucoup d’avance la « question morale », sans cacher ou nier les ombres qui se projetaient également sur le camp politique qu’il représentait. Parmi ses nombreuses interventions publiques, il convient de rappeler l‘interview accordée en juillet 1981 au directeur de La Repubblica, Eugenio Scalfari, dans laquelle il dénonçait l’occupation de l’État par les partis.

« Les partis ne font plus de politique », « … les partis ont dégénéré et c’est cela l’origine des maux de l’Italie » (…] « Les partis d’aujourd’hui sont surtout des machines de pouvoir et de clientélisme : connaissance faible ou erronée de la vie et des problèmes de la société et des gens ; des idées, des idéaux, des programmes maigres ou vagues ; sentiment et passion civique : zéro. Ils gèrent les intérêts les plus disparates, les plus contradictoires, quelquefois même louches, de toutes façons sans aucun rapport avec les exigences et les besoins humains qui émergent, ou bien en les déformant, sans poursuivre le bien commun. Leur structure organisationnelle elle-même s’est désormais conformée à ce modèle, et ils ne sont plus des organisateurs du peuple, des formations qui en promeuvent le développement civique et l’initiative : ils sont plutôt des fédérations de courants, de clans, chacun avec son « boss » et ses « sous-boss ».

Berlinguer était très conscient des contraintes internationales. Sa cohérence, son honnêteté et sa rectitude se reflétaient dans son choix d’accepter l’adhésion de l’Italie à l’OTAN et dans son obstination à parcourir une voie autonome dans l’application des principes fondamentaux du Parti communiste italien ; « italien », pour souligner la recherche d’un parcours autonome, inscrit dans la réalité italienne et occidentale, comme en témoigne, à différentes occasions, la marginalisation du secrétaire du plus grand parti communiste occidental (nous pouvons parler, avec fierté, de « marginalisation salutaire »). Son intervention au congrès du PCUS (Parti communiste de l’Union soviétique) de 1976, quand il dit, entre autre : « (…) Nous repoussons le concept selon lequel il peut y avoir un modèle de société socialiste unique et valide pour toutes les situations. (…) », « … un élan moteur qui s’est manifesté pendant une longue période (…) aujourd’hui nous sommes parvenus à un point où cette phase se conclut ». C’est l’officialisation de la « rupture ».

Et comment interpréter « l’étrange accident » en Bulgarie en 1973 : un camion militaire qui ne s’arrête pas à un feu rouge ; il voulait sans doute barrer la route à la voiture et surtout à Berlinguer. Celui-ci s’en sortit avec de légères blessures ; on peut imaginer que le destin ne voulait pas que sa voix s’éteigne.

Le coup d’État au Chili (1973) et la mort du président socialiste Salvador Allende, lui suggèrent un ajustement de ligne politique.

Le souci que le conflit des forces opposées mondialement puisse empêcher l’autonomie des parcours nationaux, et celui de ne pas égarer la voix italienne dans la sphère européenne, le conduisent à se tourner vers l’adversaire politique, Aldo Moro et la Démocratie chrétienne : la poignée de mains entre Moro et Berlinguer saisie le 28 juin 1977 est historique.

Comme le voulait la démocratie, ils s’étaient donnés rendez-vous au parlement pour lancer ce parcours connu sous le nom de « compromis historique ». Cependant, quelqu’un les en a empêché, quelqu’un a barré la route à la voiture qui conduisait Moro au parlement, et cette fois sans manquer l’objectif, obligeant l’Italie à suivre un autre parcours.

Berlinguer et son parti poursuivirent avec cohérence leur parcours en défendant la démocratie également pendant la sombre nuit de la politique italienne marquée par le terrorisme. Infatigablement, jusqu’au dernier moment, quand le frappa la « mort sur le terrain », sur ce podium de Padoue où il mourut en héros politique et civique.

Des images indélébiles qui restent dans l’esprit de tous les Italiens et scellées par le retour à Rome, par la foule immense et la profonde émotion du « Président partisan », Sandro Pertini, qui voulut l’accompagner, comme un fils, chez lui pour son dernier voyage.

Rappeler celui qui n’est plus fait toujours naître un sentiment de tristesse, de perte, mais ces mêmes sentiments, au souvenir d’Enrico Berlinguer, redonnent l’espoir que, lorsque la correction, l’honnêteté, la droiture éclairent la route à parcourir, l’objectif même le plus risqué (et il a couru des risques), même le plus difficile (et il ne s’est pas épargné), même le plus impensable (et il avait de l’imagination) peut être atteint ou au moins ne pas disparaître dans les méandres des événements.

Une large documentation peut être trouvée sur Rai Play.

Et, pour finir, en témoignage d’affection, deux chansons qui lui ont été dédiées

I funerali di Berlinguer, des Modena City Ramblers

Dolce Enrico, d’Antonio Venditti.

Traduction Patrick GOUTEFANGEA